Un articolo di Giorgio Israel pubblicato su Il Messaggero del 4 dicembre 2013 seguito da un commento dettagliato di alcuni dei test di matematica proposti
I risultati del sondaggio Ocse per quel che concerne la scuola italiana possono
essere così riassunti: l’Italia si colloca ancora al disotto della media dei 65
paesi esaminati, in matematica, in lettura e in scienze, ma è uno dei paesi che
ha registrato i maggiori progressi soprattutto in matematica e in scienze. Il
quadro mostra risultati deludenti per le regioni meridionali mentre, in alcune
zone del nord-est, gli studenti sono secondi solo a quelli del Lichtenstein.
Le
reazioni diffuse sono di gradita sorpresa, perché altri sondaggi recenti
facevano temere il peggio. Si moltiplicano i tentativi di spiegazione ma non è
affatto chiaro che cosa abbia determinato questa inversione di tendenza e quale
ne sia l’autentico significato.
V’è
difatti qualcosa di negativo in questo rito statistico che si ripete
periodicamente e il cui effetto principale sembra essere l’anestesia dello
spirito critico: piovono tabelle, grafici, istogrammi e milioni di numeri che
vengono confusi con la “realtà” dimenticando non solo di interpretarli ma che
la cosa più interessante di tutte è chiedersi attraverso quali strumenti (quiz,
questionari) si è pervenuti a questi risultati. Stiamo adattandoci a prendere
tutto per buono e a trarre conclusioni affrettate. L’attendibilità dei sondaggi
Ocse-Pisa è stata già messa in discussione, per esempio dai sociologi Jörg
Blasius e Victor Thiessen, che hanno messo in luce l’influsso di questionari
compilati dai dirigenti scolastici in modi che apparivano confezionati in modo
troppo meccanico per essere attendibili. Ma si dovrebbe andare a fondo su
questioni di sostanza.
Il
sondaggio Ocse-Pisa colloca i paesi sopra o sotto un livello medio che risulta
dalle loro prestazioni. Queste sono l’esito di test uguali per tutti. Ciò è
discutibile: la cultura universale condivisa è un sogno magnifico, ma niente
più, perché le differenze nazionali esistono, eccome, ed è difficile pensare a
un test che valuti sulla medesima scala uno studente cinese e uno spagnolo
senza appiattire in modo indebito le loro diversità culturali e di formazione
didattica. Questo può essere fatto soltanto stabilendo per decreto che cosa sia
una competenza matematica, di lettura o di scienze: il che è un appiattimento
poiché – malgrado la globalizzazione – neppure il modo di pensare la matematica
è uguale in ogni parte del mondo. Quindi, la cosa più interessante è esplorare
la concezione che ha ispirato il sondaggio Ocse e da cui derivano i test
proposti. Questo è l’aspetto più oscuro della faccenda, nascosto dal diluvio
dei dati. Tuttavia, il sito Ocse offre esempi di alcuni test usati, in
particolare per la matematica. La loro presentazione, redatta in fumoso gergo
di stile didattico-burocratico, rivela una concezione rispettabile ma altrettanto
discutibile della matematica, identificata semplicisticamente con il pensiero quantitativo-numerico.
È poi interessante fare i test. Uno di essi chiede di calcolare il numero di
persone che entreranno in un edificio attraverso una porta rotante a velocità e
capienza date, in un certo tempo. Ho indicato a colpo e per intuizione il
valore più alto tra i 4 proposti. Ma la domanda voleva essere un test della
capacità di mettere in gioco abilità nel modellizzare situazioni concrete. Uno
studente che avesse correttamente seguito la via di costruire un modello
avrebbe impiegato molto più tempo di me, forse troppo per dare la risposta; pur
mostrando migliore competenza di chi ha indovinato “a naso”. A meno che non si
voglia commettere l’errore capitale di premiare la velocità. Senza contare che
un problema matematico non ha una sola via di soluzione: la scelta tra le tante
possibili è un indizio delle capacità dello studente. Ma questo non risulta da
un test a crocette. Un altro modello più difficile mirava a mettere in gioco l’abilità
di modellizzare situazioni complesse: dalla descrizione delle caratteristiche
di un percorso di ascensione al Monte Fuji lo studente doveva desumere il tempo
limite per tornare al punto di partenza entro le 8 di sera. Anche qui si chiedeva
di rispondere con una cifra, mentre sarebbe stato assai più interessare
valutare l’approccio seguito, indipendentemente da un eventuale errore
numerico. Ebbene, l’Italia si è attestata su un mediocre 10% di risposte esatte,
davanti al misero 9% di paesi scientificamente avanzati come USA e Israele,
appena dietro il 13% francese: tutti – inclusa la Germania (18%) – stracciati
da percentuali asiatiche oscillanti tra il 30% e il 55%. Davvero tutto ciò dice
qualcosa di decifrabile? Davvero uno studente tedesco ha capacità tanto minori
di tradurre un problema in formule matematiche di uno studente di Singapore? O
forse è meno abituato alla messa in opera di algoritmi ad hoc, senza per questo
avere minori capacità matematiche? Secondo il rapporto Ocse gli studenti
italiani sarebbero più capaci di interpretare risultati matematici che non di formulare
matematicamente situazioni concrete. Ma forse la conclusione è affrettata. Una
visione più concettuale della matematica (magari maturata con studi altrove
trascurati) può essere momentaneamente perdente su un test che verifica l’esito
di abilità calcolistiche, e alla lunga vincente anche sul piano applicativo.
Si
potrebbe continuare, ma ci sembra che l’unica risposta seria alla domanda se
davvero l’Italia sia nella condizione descritta è: su queste basi non è affatto
chiaro. L’unica cosa chiara è che dovremmo passare a una fase più matura e
adulta del problema della valutazione, affrontando – anche con analisi non
numeriche – i molteplici temi che si presentano nel problema del miglioramento
dell’istruzione. Fattori complessi come la capacità, l’abilità ecc. hanno una
gran quantità di aspetti – culturali, sociali, specificamente nazionali o
regionali, psicologici, ecc. – che non si prestano al giochetto fallace da mago
dei numeri di appiattirli su una scala unidimensionale. Nessuno può negare
l’utilità dei test, a livelli minimali, ma credere che in tal modo si possa
rappresentare la realtà mondiale dell’istruzione è regredire a una visione
mistica in cui le percentuali assumono valore di per sé senza che neppure ci si
chieda da dove nascano.
(Il
Messaggero, 4 dicembre 2013)
Esaminiamo
di seguito, in dettaglio, alcuni dei test OCSE-PISA di matematica per rendersi
conto della loro qualità, del loro significato e per conoscere il significato
che viene loro attribuito dall’ente.
Test di livello 3:
Il test è un semplice esercizio volto ad accertare
la comprensione della rappresentazione dei numeri in forma decimale e del loro
ordinamento. La risposta è chiaramente D. L’Italia si è attestata su un
dignitoso 51%, davanti al 48% degli USA ma lontano dall’89% di Shangai-Cina.
Ma sentite come viene presentato questo test da Ocse-Pisa:
Livello della domanda
Al livello 3 gli studenti
possono eseguire chiaramente le procedure descritte, incluse quelle che
descrivono decisioni sequenziali. Possono selezionare e applicare semplici
strategie di problem solving. A questo livello gli studenti possono
interpretare e usare rappresentazioni basate su differenti fonti d’informazione
e ragionare direttamente a partire da esse. Possono sviluppare brevi
comunicazioni che riportano le loro interpretazioni, i loro risultati e
ragionamenti.
Categoria della domanda
Questo item appartiene alla
categoria quantità. La nozione di
quantità può essere l’aspetto matematico più pervasivo ed essenziale nell’aver
a che fare col nostro mondo e che in esso funziona. Incorpora la
quantificazione degli attributi di oggetti, relazioni, situazioni ed entità nel
mondo, la comprensione di varie rappresentazioni di queste quantificazioni, e il
giudizio delle interpretazioni e degli argomenti basati sulle quantità. Aver a
che fare con la quantificazione del mondo comporta la comprensione delle
misure, conteggi, grandezze, unità, indicatori, dimensioni relative, e tendenze
e patterns numerici. Gli aspetti del ragionamento quantitativo – come il senso
del numero, le molteplici rappresentazioni dei numeri, l’eleganza nella
computazione, il calcolo mentale, la stima e la valutazione della
ragionevolezza dei risultati – sono l’essenza della “literacy” matematica
relativa alla quantità.
C’è da strabuzzare gli occhi. Se il redattore ha
voluto dar mostra delle sue competenze non è riuscito altro che a esibire la
retorica vacua delle persone di scarsa cultura e che nascondono la loro
confusione mentale dietro un fraseggiare roboante.
Tutto questo dietro un banale esercizio di
ordinamento dei numeri scritti in forma decimale? Ma per favore, non rendiamoci
ridicoli…
Passiamo a:
Test di livello 4:
La risposta corretta è D. Il livello di difficoltà
è maggiore, bisogna fare qualche calcolo e, soprattutto, occorrerebbe – più che
indovinare il risultato esatto, che una stima a occhio fa intuire essere D –
spiegare il modo con cui si è formalizzato il problema e si è pervenuti alla
risposta. L’Italia si è attestata su un modestissimo 27%, ma sempre meglio di
USA, Israele o Russia e poco dietro il Regno Unito (30%), sempre lontano dal
76% di Shangai-Cina o dal 62% sud-coreano.
Anche qui merita leggere la ridicola presentazione
del quesito. Evitiamo di ripetere quanto detto a proposito del quesito
precedente. La “categoria della domanda” ripete la stessa ridicola tiritera
della domanda 3. Il livello della questione comporterebbe addirittura il
ricorso a modelli di situazioni complesse… e lo studente in grado di rispondere
correttamente sarebbe addirittura capace di tutte quelle cose sotto elencate…
Retorica di pessimo livello o fantasia senza freni?
Livello della domanda
Al livello 4 gli studenti
possono lavorare efficacemente con modelli espliciti di situazioni concrete
complesse che possono comportare vincoli o possono richiedere di introdurre
ipotesi. Possono selezionare e integrare differenti rappresentazioni, incluse
quelle simboliche, legandole direttamente ad aspetti di situazioni del mondo
reale. Gli studenti a questo livello possono utilizzare abilità ben sviluppate
e ragionare in modo flessibile, con qualche veduta approfondita, in questi
contesti. Possono costruire e comunicare spiegazioni e argomenti basati sulle
loro interpretazioni, argomenti o azioni.
Categoria della domanda
[Come alla domanda precedente].
Test di livello 5:
Non è poi così difficile. Se in discesa Toshi
marcia a 3 km all’ora impiegherà 3 ore per fare i 9 km. Se in salita marcia a
km 1.5/ora impiegherà il doppio, cioè 6 ore. 9 ore in totale. Quindi, se deve
tornare entro le 8 di sera, deve partire entro le 11. Un medio frequentatore di
enigmistica – anche digiuno di matematica – impiegherà un minuto o due per
risolvere il “problema”, tutto sommato assai più facile del precedente (ma
bisognerebbe vedere cosa dice il modello di Rasch quanto alla difficoltà
“oggettiva”…). L’esito delle risposte è tutt’altro che esaltante: Germania 18%,
Canada 16%, Finlandia 15% – ma come la “grande” Finlandia! – Francia 13%,
Italia 10%, Israele e USA 9%, Russia 8%, Brasile 1%. In testa la solita
Shangai-Cina col 55%, poi Singapore 40%, Corea 31%. Cosa pensare di questi dati
in relazione al test l’ho detto nell’articolo. Coinvolge abilità calcolistiche
alla portata di qualsiasi buon enigmista. Chi si metta a cercare di risolverlo
con formule non farà in tempo, pur avendo una migliore idea di cosa sia la
matematica, o – per meglio dire – ingannato dalla pretesa che questo sia un
test di conoscenze e capacità matematiche.
Nel confrontare gli esiti del test 4 e 5 sembra
plausibile ritenere che il 4 abbia spinto a dare la risposta “a naso” (che “suona”
evidentemente 720) e quindi i risultati siano stati migliori. Invece, il 5
richiedeva per forza di fare un calcolo, e quindi ha prodotto esiti peggiori.
(Se è così, come è assai ragionevole, questo rappresenta una confutazione su un
caso specifico del modello di Rasch).
Ma la presentazione dei test Ocse-Pisa non manca
di proporci la solita retorica che qui raggiunge livelli da operetta. Lo
studente capace di risolvere questo test sarebbe un von Neumann in erba e la
categoria della domanda s’identifica nientemeno con l’essenza della
modellizzazione matematica dell’universo. La domanda apparterebbe alla
categoria del cambiamento e delle relazioni. Tutto quello che si descrive
sta dietro alla domanda… Rispondere correttamente alla domanda implicherebbe
possedere la capacità di modellizzare il cambiamento mediante funzioni ed
equazioni appropriate? Ma quali equazioni servono mai per risolvere questo
problema? Un testo assolutamente incredibile. Forse l’autore aveva ecceduto nel
pasto prima di darsi a cotanta prosa.
Tutto questo lo paghiamo profumatamente come
cittadini europei.
Livello della domanda
Al livello 5 gli studenti
possono sviluppare e lavorare con modelli di situazioni complesse, identificando
vincoli e specificando ipotesi. Possono selezionare, comparare e valutare
strategie appropriate di problem solving per trattare problemi complessi
relativi a questi modelli. Gli studenti a questo livello possono lavorare
strategicamente usando un pensiero ampio e ben sviluppato e abilità di
ragionamento, rappresentazioni appropriate correlate, caratterizzazioni
simboliche e formali e vedute pertinenti a queste situazioni. Possono
riflettere sulle loro azioni e formulare e comunicare le loro interpretazioni e
i loro ragionamenti.
Categoria della domanda
Questo item appartiene alla
categoria del cambiamento e delle relazioni. I mondi naturali e progettati
mostrano una moltitudine di relazioni temporanee e permanenti fra gli oggetti e
le circostanze, in cui si verificano cambiamenti entro sistemi di oggetti
interrelati o in circostanze in cui gli elementi si influenzano a vicenda. In
molti casi questi cambiamenti si verificano nel tempo, e in altri casi i
cambiamenti in un oggetto o in una quantità sono correlati ai cambiamenti in un
altro. Alcune di queste situazioni comportano cambiamenti discreti; altri
cambiamenti continui. Alcune relazioni sono di natura permanente, o invariante.
Essere più “literate” circa il cambiamento e le relazioni comporta la
comprensione dei tipi fondamentali di cambiamento e il riconoscere quando essi
si verificano al fine di far uso di modelli matematici appropriati a descrivere
e prevedere il cambiamento. Matematicamente questo significa modellizzare il
cambiamento e le relazioni con funzioni appropriate ed equazioni, e creare,
interpretare e tradurre le rappresentazioni simboliche e grafiche delle
relazioni.
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