I problemi sono, insieme alle
espressioni, il grande spauracchio della scuola primaria. I problemi dovrebbero
essere la chiave dell’“imparare a pensare” che è missione fondamentale della
matematica della scuola primaria. Eppure la paura degli errori dei bambini
porta a tentare di ingabbiare la risoluzione dei problemi (il loro
“svolgimento”) in rigide griglie che scoraggiano il pensiero: proprio il
contrario dello scopo per cui si affrontano i problemi.
È utile prima di tutto collocare
la questione nel contesto storico. Ciò che si fa oggi nelle aule della scuola
primaria è il risultato di una tradizione che risale al Medioevo. Il monaco
Alcuino di York, consigliere di Carlomagno e direttore della scuola palatina,
scrisse una raccolta di una cinquantina di problemi per “rendere acuta la mente
dei giovani” (in latino!, Propositiones
ad acuendos juvenes) di cui è disponibile un’agile versione in italiano
(con introduzione e note esplicative) da Raffaella Franci.
I problemi della raccolta di
Alcuino offrono agli insegnanti delle classi quarte e quinte della scuola
primaria molti esempi divertenti e interessanti, che suscitano l’entusiasmo dei
bambini: è fondamentale lasciare che si esprima la forza di immedesimazione
(mimesis) dei bambini che, facendo loro entrare nella situazione descritta, li
aiuta a concentrarsi sulla soluzione. Sono problemi che si potrebbero risolvere
velocemente con l’algebra, ma che i bambini possono risolvere per tentativi,
con l’aiuto di disegni geometrici e ragionamenti elementari caso per caso. Ne
parleremo in altri post.
Il libretto di Alcuino è utile
non solo nella didattica, ma anche per comprendere meglio la questione dei
problemi. Sfogliare queste pagine ci fa comprendere come la cultura europea
abbia attribuito alle antichissime “ricette” tecniche per risolvere problemi
elementari di calcolo e misura – utili nella vita pratica e nei mestieri – un
intento formativo. Questo scopo formativo si esprime chiaramente nella scelta
di formulare i problemi come scenette di vita quotidiana, e nel fatto che molti
di essi sono enigmi e indovinelli scherzosi, e persino nel proporre un problema
senza soluzione (”Questa storiella viene proposta solo per sconcertare i
giovani”)!
Nel libretto di Alcuino però non
si spiega come “pensare” per risolvere i problemi, ma ad ogni enunciato si fa
seguire una soluzione con la “prova” del fatto che il valore ottenuto verifica
effettivamente le condizioni del problema. Anche se la giustificazione che si
offre punta nella direzione del comprendere e “dar conto” di ciò che si è
indagato, si tratta più di un addestrare il fanciullo a risolvere questioni
simili per analogia e dimestichezza con i numeri, in modo “automatico”. Ancora
oggi è questo il modo di vedere i problemi nella scuola primaria, quando però
lo scopo pratico è lontano dalla vita reale dei bambini. La presenza dei
problemi sul costo e ricavo nei sussidiari infantili si spiega solo per la
persistenza di questa tradizione.
Eppure se la matematica oggi si
insegna ovunque ai bambini ciò è dovuto al solido convincimento del suo ruolo
per rendere ognuno “pronto ad apprendere, di buona memoria e perspicace,
facendolo progredire oltre le sue capacità naturali” come ha scritto Platone
nelle Leggi. La vecchia tradizione
dei problemi pratici è una palestra dove realizzare questo intento, ma bisogna
inserirvi un approccio innovativo.
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