Ritornando con la mente al
periodo in cui ho conosciuto Aldo Brigaglia, dimentico per un attimo gli anni,
tanti, che ho trascorso in questo paese di cui ho avuto anche la nazionalità e
mi colloco di nuovo dalla prospettiva di una giovane ricercatrice spagnola.
Leggere i lavori di Aldo, ascoltarlo e seguire le sue attività ha significato
per me entrare in contatto con una tradizione culturale che capivo risalire
agli autori che egli stesso ha studiato, a Cremona, a Enriques, a Castelnuovo,
con la loro visione ideale della scienza, profondamente umanistica, e il loro
amore per le giovani generazioni e per il susseguirsi armonico delle
generazioni nel ricevere e costruire un patrimonio comune. Ai miei occhi Aldo
stesso rappresentava questo ideale condiviso. In quegli anni mi occupavo del
lavoro geometrico di Rey Pastor e nel comprendere la scuola italiana di
geometria algebrica attraverso i suoi lavori ho trovato una fondamentale chiave
di interpretazione; ma mi sembrava di seguire i passi dello stesso Rey Pastor e
tanti giovani matematici spagnoli in Italia e potevo immaginare l'impatto –
agli inizi del Novecento – di un modo cordiale e accogliente e nel contempo
l'ammirazione per l'intelligenza, la visione acuta e l'amore per la scienza e
anche per l'insegnamento della scienza.
Vi
sono un episodio e poi una circostanza più generale che mi ritornano in mente e
che vorrei condividere con voi e con Aldo. Il prim, riguarda l'articolo
pubblicato da Aldo (in collaborazione con Simonetta di Sieno) sulla rivista
dell'UMI sul profilo politico e culturale di Cremona. Mi arrivò per posta la
prima parte e ricordo di averlo letto con grande interesse nel treno di ritorno
a casa, e a un certo punto sono arrivata a una citazione di una lettera di
Cremona a un collega francese, piena dell'atmosfera risorgimentale, che
corrispondeva chiaramente alla risposta del collega francese che si conserva a
Roma nella Biblioteca Castelnuovo e che avevo citato in un articolo che avevo
in bozze (poi uscito su Science in context): arrivata a casa invece di occuparmi
dei figli mi sono precipitata a inserire un riferimento nel mio articolo. Ho
avuto il senso di gratitudine per aver avuto occasione di partecipare in questi
anni a un lavoro collettivo messo in piedi in anni che Giorgio ricorda nel suo
intervento.
La
circostanza più generale riguarda il lavoro a Scienze della Formazione
Primaria. E' un impegno al quale credo profondamente e che ho condiviso con
Aldo, trovando molto sostegno nelle cose che Aldo ha scritto e fatto, che sento
espressione dei grandi insegnamenti di Federigo Enriques. Credo in un impegno
intellettuale che agisce sulla realtà senza specialismi e senza arroccarsi in
torri di avorio, proprio come ho visto sempre in Aldo in questi anni.
Aldo,
dopo un po' di riposo e con meno burocrazia aspettiamo di leggere e ascoltare i
tuoi nuovi contributi.
Grazie, e un abbraccio
Ana Millán Gasca
=====================
È
con emozione che scrivo queste righe in onore di Aldo Brigaglia. Essendo quasi
coetanei e pensionati quasi simultaneamente, questa circostanza mi rinvia a
lontani ricordi di quasi quaranta anni fa e a una sostanziale comunanza di
vedute che ci ha avvicinato nel tempo e che era una motivazione condivisa, sia
pure nata su territori diversi.
Provo
a definire questa motivazione. Sia Aldo che io, e molti altri abbiamo scoperto
e nutrito l’interesse per la storia della matematica – la disciplina entro cui
ci eravamo formati come giovani laureati e ricercatori – non per un interesse
esclusivamente tecnico, ovvero costruire storie rigorose di un problema
specifico, di un teorema, della genesi di una teoria. Naturalmente, questo
aspetto non era ignorato: di che parlare trascurandolo? E infatti il nostro
percorso ha visto una crescita continua di rigore, di interesse a elucidare gli
aspetti tecnici, uno sforzo di penetrazione di tutti gli aspetti di una teoria
studiata. Penso ai contributi sempre più importanti, precisi e sostenuti da una
profonda conoscenza che Aldo ha dato alla storia della geometria algebrica
italiana.
Ma
c’era qualcosa di molto più profondo che veniva dalle motivazioni iniziali.
Oggi, Aldo penso che non riscriverebbe tal quale Il Circolo Matematico di Palermo (come non lo farei io per diversi
miei scritti sulla storia della matematica italiana), ma è là la radice di una
visione del ruolo della storia della matematica (e della storia della scienza,
in generale) che penso non ci abbia mai abbandonato, e anzi ci abbia
accompagnato fedelmente. Quale era tale visione? In sintesi, che la storia
poteva assumere – anzi era il principale strumento che poteva assumere – il
ruolo di difendere una visione umanistica
e culturale della scienza e della
matematica, che non la sconnettesse dal resto della conoscenza come una mera
disciplina tecnica. In ciò vi era anche lo sforzo di rivivificare una
tradizione che era stata rappresentata in modo così brillante in Italia da
Federigo Enriques, o che è bene espressa dall’aforisma di Henri Poincarè,
secondo cui «per prevedere il futuro della matematica occorre conoscerne la
storia e lo stato presente». Aldo ha anche creduto fortemente nel ruolo della
storia nell’insegnamento scolastico oltre che universitario e si è impegnato
validamente su questo fronte fino all’ultimo.
Come
valutare il successo di questo programma che ha mosso le intenzioni di tanti di
noi coetanei, magari in certi casi sotterraneamente ma con grande fedeltà e
attaccamento a una visione che definivo umanistica
e culturale? In molti casi,
positivamente. Nel caso di Aldo, in modo brillante e profondo. I suoi
contributi alla storia della matematica italiana, e delle scuole geometriche e
algebriche in particolare, oltre che quelli di natura sociologica e didattica,
restano come quei capisaldi che permettono di parlare di crescita della
conoscenza.
Purtroppo,
temo che sul piano generale la promozione di una visione come quella che penso
ci abbia sempre ispirato, non ha ottenuto gli effetti sperati. La comunità
degli storici della matematica non si è espansa, non è stato possibile formare
un consistente gruppo di giovani che prendesse la staffetta, salvo ovviamente
casi isolati. Nella comunità dei ricercatori matematici propriamente detti la
storia è stata vista con sufficienza e disinteresse, come una disciplina minore
e, da parte degli storici, il rispondere tecnicizzando sempre di più i propri
contributi è stato casomai controproducente. È indubbio che una piccola
comunità esposta a un clima in cui le circolari ministeriali insistono sempre
più sull’idea disastrosa che la matematica è nient’altro che problem solving si trova in gran
difficoltà. È altresì vero che la mancanza di coraggio e il richiudersi in sé
stessi non paga mai.
Ma
se sentivo necessario, per sincerità, rilevare questi aspetti negativi, non è
certamente mia intenzione chiudere con una nota malinconica. E anche questo lo
dico in piena sincerità. Verrei meno a quell’ideale umanistico che penso unisca
profondamente me e Aldo se non avessi la profonda convinzione nella forza delle
idee. I buoni semi possono restare chiusi per tanto tempo ma prima o poi poi
germinano anche sull’asfalto.
Penso che quel che ha fatto Aldo per la matematica, la
scienza e la cultura sia di per sé un contributo di grandissimo valore, ma
anche un sacchetto di semi che germinerà e fruttificherà presto su nuovi
terreni. A lui un abbraccio e la richiesta di riempire ancora nei prossimi anni
il sacchetto con tanti bei contributi.
Giorgio Israel
Nessun commento:
Posta un commento