È sorprendente come i problemi scolastici di matematica, che
hanno un’origine antichissima, conservino la loro vitalità nell’apprendimento
della matematica. I problemi sono da sempre il coronamento del far di conto:
anche nell’esame di quinta elementare italiano, la domanda di matematica
consisteva in un problema. Un tempo il problema era un compito pratico di
immediata applicazione; ma oggi conserva la grande potenzialità di far ragionare
i bambini in modo autonomo, è la palestra ideale per apprendere a sbagliare e a
cercare nuove strade di soluzione, per immaginare, rappresentare, discutere.
Oggi, a scuola, essi sono ingabbiati, banalizzati, e sono la prima vittima
dell’insegnamento della paura di cui abbiamo parlato nel libro; al loro posto
arrivano i quiz delle prove Invalsi. Eh, sì! Perché gli esami di passaggio
tipici dei sistemi educativi europei sono prima stati considerati rei di
selezione crudele degli alunni, e sono ora sostituiti da “prove oggettive” …
Riportiamo una storiella pubblicata dal giornale spagnolo
ABC anni fa che, attraverso l’enunciato di un semplice problema, esprime le
traversie dell’insegnamento elementare a partire dagli anni Sessanta, tra
riduzione del livello, “modernizzazione” dei programmi, matematica dei quesiti
PISA dell’OCSE e altro. Ognuno può immaginare come verrebbe presentato un tale
problema in un sussidiario italiano di oggi. Riportiamo anche il commento di
Lucio Russo nel suo libro Segmenti e
bastoncini (Feltrinelli 1998)
(La storiella fu pubblicata per la prima volta in italiano, con un
commento, da Ana Millán Gasca in Lettera matematica Pristem, 19-20, 1996, pp.
27-29)
Nel 1960
Un
contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione
ammontano ai 4/5 del prezzo di vendita. Qual è il suo guadagno?
Nel 1970, insegnamento “tradizionale”
Un
contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione
ammontano ai 4/5 del prezzo di vendita, e cioè a 800 pesetas. Qual è il suo
guadagno?
Nel 1970, insegnamento “moderno”
Un
contadino scambia un insieme P di patate contro un insieme M di monete. La
cardinalità dell'insieme M è uguale a 1000 pesetas, e ogni elemento di M vale
una peseta. Disegna 1000 grossi punti che rappresentino gli elementi
dell'insieme M. L'insieme S delle spese di produzione è un sottoinsieme di M ed
è formato da 200 grossi punti in meno dell'insieme M. Rappresenta l'insieme G e
rispondi alla questione seguente: Qual è la cardinalità dell'insieme G che
rappresenta il guadagno? Disegnare B in colore rosso.
Nel 1980, insegnamento “rinnovato”
Un
contadino vende un sacco di patate per 1000 pesetas. Le sue spese di produzione
ammontano a 800 pesetas e il suo guadagno è di 200 pesetas. Sottolinea la parola
«patata» e discutine con il tuo compagno.
Tentativi sperimentali di riforma
Un
borghese di campagna, capitalista senza spirito di solidarietà, si è arricchito
con 200 pesetas nel vendere, speculando, un sacco di patate. Analizza il testo e
di seguito dì quel che pensi di questo abuso antidemocratico.
Nel 1990, insegnamento comprensivo (ogni alunno
deve avere le stesse esperienze educative, il sistema non deve essere
selettivo)
Dopo
l'ingresso della Spagna nel Mercato Comune Europeo, gli agricoltori non possono
fissare liberamente il prezzo di vendita delle patate. Supponendo che vogliano
vendere un sacco di patate per 1000 pesetas, fai un sondaggio per determinare
il volume della domanda potenziale di patate nel nostro paese e l'opinione
sulla qualità delle nostre patate in rapporto a quelle importate da altri
paesi, e come tutto il processo di vendita sarebbe soggetto ad alterazioni se i
sindacati convocassero uno sciopero generale. Completa questa ricerca
analizzando gli elementi del problema, mettendo in rapporto gli elementi fra di
loro e cercando il principio del rapporto fra questi elementi. Per finire, fai
un quadro di doppio ingresso, indicando in orizzontale, in alto, i nomi dei
gruppi citati, e, sotto, in verticale, diversi modi di cucinare le patate.
«Nel ‘problema delle patate’ si riconoscono gli stessi
processi di cui abbiamo già parlato: in particolare l’infatuazione
insiemistica, contemporanea in Spagna e in Italia, e il progressivo slittare
dell’obiettivo proposto agli studenti: dalla soluzione di un problema
all’esecuzione di un elenco di compiti pratici, prescritti nella nuova scuola.
È anche condivisibile l’idea che la progressiva dequalificazione della scuola
si presenti in una prima fase come abbassamento del livello degli studenti, ai
quali vengono rivolte richieste sempre più banali, per sfociare in una seconda
fase nel crollo del livello culturale degli stessi insegnanti, come è
esemplificato dalla vuota insensatezza del testo attribuito al 1990.
I ‘mille grossi punti’ che lo studente sarebbe stato
invitato a disegnare nel 1970 meritano un commento particolare. La perdita del
concetto di punto geometrico (come quello di segmento) si accompagna infatti
inevitabilmente all’abbandono della capacità di usare concetti astratti. Si può
facilmente verificare quanto sia avanzato questo processo in Italia ascoltando
la televisione: i giornalisti televisivi che informano sui terremoti ne
concepiscono l’‘epicentro’ come un ‘grosso punto’ che può anche contenere
intere province».
Storiella gustosa, per quanto un po' estremizzata.
RispondiEliminaIl primo giorno della mia prima supplenza (primo anno liceo socio-psico-pedagogico), dopo le presentazioni di rito un'alunna prende coraggio e chiede "dobbiamo studiare gli insiemi?" e io, considerato che era già novembre e che ho attraversato con successo il liceo negli anni '80 senza sapere nulla di insiemistica risposi "no". La mia risposta generò un sospiro di sollievo collettivo: "Meno male! Ogni supplente che abbiamo avuto (ce n'erano stati 3 o 4 temporanei prima di me) ricominciava dagli insiemi, non ne potevamo più!"
Infatti, nel nostro libro ci sforziamo di spiegare quali sono le ragioni concettuali e matematiche per cui la teoria degli insiemi non serve assolutamente a niente, fino a che ci si restringe agli insiemi finiti. Il caso infinito è a un livello di difficoltà superiore e quindi non ha senso introdurlo nelle scuole.
RispondiEliminaSto leggendo il libro di Russo e cercando in rete ho trovato questa strabiliante interpretazione della formulazione anni 90 del problema delle patate: "Ci si accorge che questa seconda formulazione non ferma lo studente al puro livello di meccanicità matematica, ma lo invoglia a produrre, a muoversi, ad agire, motivandolo alla riflessione sulle sue conoscenze. Mi chiedo allora se la stessa cosa non possa essere attuata all’interno dell’insegnamento della filosofia; ma per fare ciò occorre prepararsi a far lavorare gli studenti perché le lezioni cattedratiche non li riducano ad uno stato di passività."
RispondiEliminaqui il testo originale