lunedì 11 novembre 2013

LA RACCOLTA DI ALCUINO

I problemi sono, insieme alle espressioni, il grande spauracchio della scuola primaria. I problemi dovrebbero essere la chiave dell’“imparare a pensare” che è missione fondamentale della matematica della scuola primaria. Eppure la paura degli errori dei bambini porta a tentare di ingabbiare la risoluzione dei problemi (il loro “svolgimento”) in rigide griglie che scoraggiano il pensiero: proprio il contrario dello scopo per cui si affrontano i problemi.

È utile prima di tutto collocare la questione nel contesto storico. Ciò che si fa oggi nelle aule della scuola primaria è il risultato di una tradizione che risale al Medioevo. Il monaco Alcuino di York, consigliere di Carlomagno e direttore della scuola palatina, scrisse una raccolta di una cinquantina di problemi per “rendere acuta la mente dei giovani” (in latino!, Propositiones ad acuendos juvenes) di cui è disponibile un’agile versione in italiano (con introduzione e note esplicative) da Raffaella Franci.



  
I problemi della raccolta di Alcuino offrono agli insegnanti delle classi quarte e quinte della scuola primaria molti esempi divertenti e interessanti, che suscitano l’entusiasmo dei bambini: è fondamentale lasciare che si esprima la forza di immedesimazione (mimesis) dei bambini che, facendo loro entrare nella situazione descritta, li aiuta a concentrarsi sulla soluzione. Sono problemi che si potrebbero risolvere velocemente con l’algebra, ma che i bambini possono risolvere per tentativi, con l’aiuto di disegni geometrici e ragionamenti elementari caso per caso. Ne parleremo in altri post.

  

Il libretto di Alcuino è utile non solo nella didattica, ma anche per comprendere meglio la questione dei problemi. Sfogliare queste pagine ci fa comprendere come la cultura europea abbia attribuito alle antichissime “ricette” tecniche per risolvere problemi elementari di calcolo e misura – utili nella vita pratica e nei mestieri – un intento formativo. Questo scopo formativo si esprime chiaramente nella scelta di formulare i problemi come scenette di vita quotidiana, e nel fatto che molti di essi sono enigmi e indovinelli scherzosi, e persino nel proporre un problema senza soluzione (”Questa storiella viene proposta solo per sconcertare i giovani”)!

Nel libretto di Alcuino però non si spiega come “pensare” per risolvere i problemi, ma ad ogni enunciato si fa seguire una soluzione con la “prova” del fatto che il valore ottenuto verifica effettivamente le condizioni del problema. Anche se la giustificazione che si offre punta nella direzione del comprendere e “dar conto” di ciò che si è indagato, si tratta più di un addestrare il fanciullo a risolvere questioni simili per analogia e dimestichezza con i numeri, in modo “automatico”. Ancora oggi è questo il modo di vedere i problemi nella scuola primaria, quando però lo scopo pratico è lontano dalla vita reale dei bambini. La presenza dei problemi sul costo e ricavo nei sussidiari infantili si spiega solo per la persistenza di questa tradizione.


Eppure se la matematica oggi si insegna ovunque ai bambini ciò è dovuto al solido convincimento del suo ruolo per rendere ognuno “pronto ad apprendere, di buona memoria e perspicace, facendolo progredire oltre le sue capacità naturali” come ha scritto Platone nelle Leggi. La vecchia tradizione dei problemi pratici è una palestra dove realizzare questo intento, ma bisogna inserirvi un approccio innovativo.