lunedì 12 febbraio 2018

Calligrafia e geometria

Un dialogo sulla calligrafia, curato da Eleonora Fortunato per orizzonte scuola si può leggere qui
Interviene Anna Ronchi dell'Associazione Calligrafica Italiana (in arrivo il loro nuovo sito),




Un'insegnante ha scritto sulla pagina Facebook di Tokalon

Sono certamente d'accordo sull' importanza della scrittura curata, ma da insegnante della scuola primaria, purtroppo, devo constatare che la poca fluidità del tratto e l'impaccio motorio di questi bambini è dovuto alla carenza, se non addirittura assenza, di tutti quei gesti di motricità fine che caratterizzavano i bambini fino a una ventina di anni fa. E che erano propedeutici per una scrittura scorrevole e sciolta. Un altro aspetto da non trascurare, è la fatica che fanno i bimbi a compiere un gesto così semplice come scrivere, proprio perché non supportato e preparato da movimenti adeguati nella vita quotidiana (riferendomi ai giochi motori che sviluppano sia la motricità grossa sia quella fine). Non bisogna demordere, ma non si può neppure pretendere troppo dalla loro calligrafia (Antonella Sartorello).

Trovate la nostra risposta qui


Le foto di questo post sono di Emanuela Spagnoletti Zeuli: mostrano un lavoro in classe terza (2014).
Trovate qui i materiali del Minicorso Lettere numeri e figure all'inizio della scuola primaria (Università Roma Tre)

domenica 11 febbraio 2018

Matematica come paideia. Un'intervista sull'insegnamento della matematica oggi


La questione dell'uso pervasivo degli strumenti informatici va molto oltre la questione della matematica e del suo apprendimento.
Vivere in un mondo sempre più lontano dalla natura (luce, forme, odori, calore, sensazioni) ci allontana da noi stessi, spezzando la nostra straordinaria esperienza mentale e corporea. Come ha detto Hans-Georg Hadamer, dalla contemplazione del fuoco sono sorte probabilmente le prime domande dell'essere umano. Lo stesso Gadamer afferma che la scrittura è la svolta nel pensiero umano, molto di più dell'avvento del computer. Ritorno sul fatto che il computer, come indica il suo nome, "calcola", nel senso di eseguire a velocità impressionante procedure elementari nelle quali l'essere umano riesce a tradurre le sue idee, la sua intenzionalità, il suo senso estetico, e così via, piegando queste capacità alle misere condizioni delle macchine. I nostri figli raggiungeranno sempre nuovi traguardi nello sfruttamento delle macchine, e ciò soprattutto se continuiamo a coltivare in loro le idee, l'intenzionalità, la parola, il senso estetico, il ragionamento matematico e così via.
Se il nostro essere nel mondo avviene quasi interamente attraverso strumenti digitali, della nostra esperienza corporea rimane soltanto la visione e l'ascolto, e queste due facoltà rivolte solo a immagini e suoni digitalizzati, ossia già elaborate: è la distanza che separa essere nel mondo rispetto a essere nella sala cinematografica vedendo un film in 3D, oppure ascoltare la musica con gli auricolari rispetto a ascoltare la voce, uno strumento, un'orchestra. Mi chiedo quindi, pensando ai bambini, vogliamo davvero ridurre in questo modo drastico l'esperienza infantile di scoperta del me e del non me? (uso le parole del grande studioso Édouard Séguin, che ci ha scoperto l'umanità anche di chi un tempo ci appariva quasi come sprovvisto di ciò che rende umani)
Aggiungo che quella presunta capacità di usare i nuovi strumenti è solo apparenza: il neonato si entusiasma se un oggetto reagisce a qualsiasi suo toccare o sfiorare (come si entusiasma con il gattino in casa); il bambino o ragazzo impara velocemente regole meccaniche di uso, ma appena il computer non risponde, non riesce a immaginare strategie per risolvere perché non ne conosce la logica interna: la può imparare, appunto questo sarebbe iniziare seriamente all'informatica a scuola, senza pretese di un "pensiero computazionale" che sarebbe una nuova frontiera del pensiero umano. Il ragazzo o giovane si immerge nella rete, manifestando la capacità dell'essere umano di "rendersi uguale", di "immedesimarsi", senza discernimento: ma se non so cosa è un libro e cosa è un giornale, cosa porta in sé un dipinto o un edificio, allora le parole accumulate in miliardi di pagine web e le immagini di cose, persone e luoghi che scorrono nello schermo si presentano a me come una massa informe in cui non ho punti di riferimento, una navigazione in mare aperto senza neanche le stelle per orientarsi.
Sotto questa mitologia del pensiero computazionale cova l'idea che quando si usano strumenti informatici si pensa in modo diverso... questa idea dei “nativi digitali”. Questo va oltre la matematica. Per quanto la riguarda, non sono gli strumenti informatici che fanno imparare la matematica, ma è imparare la matematica che prepara a padroneggiare, sfruttare e far avanzare il mondo digitale.
La questione delle tecnologie informatiche, per essere considerata seriamente, richiede di dilatare lo sguardo molto oltre queste poche considerazioni. Accostarsi al dialogo su questi temi fra Ricoeur e Changeux (La natura e la regola. Alle radici delpensiero, Raffaello Cortina Editore, 1999) ci da un'idea del modo povero e raffazzonato con cui si tratta spesso, e ci indica invece come riflettere su di esso in modo serio. Non è un compito facile ma ne vale la pena


Potete leggere l'intervista completa su Emmeciquadro qui

giovedì 8 febbraio 2018

La matematica della partita Madrid-Barça

Il bimbo che ha tracciato queste linee ha otto anni e Trisomia 21, e alcuni sostengono che la matematica non è qualcosa da proporre a un bambino con la cosiddetta sindrome di Down, tutt'al più un po' di monete e cose molto molto manipolabili da usare nella vita quotidiana.

Per fortuna lui partecipa a una piccola officina matematica, e ha accompagnato così il vivace racconto – ai suoi compagni e agli adulti con i quali apprende matematica – di quanto è avvenuto nell'ultima partita fra il Real Madrid e il Barça

(Foto di Elena Gil Clemente)
Se volete saperne di più potete leggere qui