lunedì 11 marzo 2013

La torta di matematica


Ero entrata nella classe IV per assistere alla lezione di matematica ma il maestro mi ha chiesto di condurre una breve lezione sulla matematica. Ho deciso di accettare la sua proposta e di utilizzare quel momento come un’attività esplorativa del mio progetto di tirocinio, incentrato sull’idea di fare vedere ai bambini “la matematica nel nostro mondo”.

Ho chiesto ai bambini cosa fosse per loro la matematica e quando veniva adoperata durante la giornata. Sono apparsi interessati, mi hanno detto che la matematica è utilizzata dagli scienziati, dagli ingegneri per costruire i ponti o le case, ma non solo. È adoperata nella moda per cucire i vestiti e prendere le misure e le taglie, per sognare quando si va a letto in quanto si possono fare dei conteggi e contare semplicemente per addormentarsi, per comprare qualsiasi cosa e per dare il resto “giusto” ai rivenditori, per giocare a nascondiglio, per contare le figurine, in cucina per le ricette.
Dalle loro risposte mi è venuta l’idea della “torta di matematica”, e così sul momento ho proposto di cucinarla inventando dei dati numerici adeguati.
La ricetta era la seguente: 240gr di farina, 180gr di zucchero, 60 gr di cacao, 6 cucchiai di latte. Ho utilizzato i multipli di 6 per rendere semplici i calcoli. 
La ricetta proprosta era una torta per 6 persone, ma io ho detto loro di voler  organizzare una festa per 20 ed ho chiesto come si poteva risolvere il problema.
Le risposte dei bambini sono state varie: alcuni hanno risposto di voler moltiplicare ogni ingrediente per 20; altri volevano dividere ma poi si correggevano dicendo di moltiplicare; un bambino in genere silenzioso, ma attentissimo, ha risposto che avrebbe diviso ogni ingrediente per 6 e poi avrebbe moltiplicato i risultati per 20, in pratica ha risolto in modo corretto il problema con il metodo della riduzione all’unità.
Ho chiesto agli altri se c’erano altre soluzioni e alcuni di loro hanno adottato lo stesso procedimento. Alla fine un bambino mi ha chiesto di venire alla lavagna per farmi vedere come risolvere il problema e come svolgere le operazioni. Alla lavagna ha svolto correttamente i calcoli e le operazioni. Alcuni dal posto intervenivano anticipando i passaggi; altri mi hanno chiesto se esisteva una torta così, se la si poteva cuocere e assaggiare.
Ho avuto ancora una volta la conferma del fatto che la discussione guidata in un gruppo grande crea un’atmosfera di grande concentrazione, soprattutto se le varie idee trovano spazio; che i problemi spingono i bambini a mettere in moto la mente e a fare da sé; e che nei bambini, anche se non tanto piccoli (9 anni), è istintiva l’immedesimazione (la classe poteva quasi sentire il profumo di questa torta matematica!), che accoglie la matematica nelle loro vite. 
                                                      Maria Teresa Marrano

3 commenti:

  1. Un bell'esempio di lezione non noiosa e costruttiva. Mi piacerebbe sapere che cosa ne pensa il Prof. Israel, che non apprezza (eufemismo) il costruttivismo.

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  2. «Gli studenti debbono essere sempre attivi, trovare da sé con l’aiuto del professore e non ricevere da lui solo direttamente le conoscenze belle e formate. Essi debbono ripetere per proprio conto e per vie abbreviate, il lavoro compiuto dalle passate generazioni nell’acquisizione della conoscenza scientifica. Sia per l’insegnamento delle scienze che per quello di lettere non si deve dimenticare che si sa bene solo quello che si sa fare o applicare. Lo studio delle scienze apprese col metodo attivo agevola lo sviluppo della mente e assieme prepara a comprendere i principi etici e della convivenza civile. […] L’educazione scientifica, quando sia laboratoriale, può convertirsi in una buona educazione civile e sociale, mentre l’educazione parolaia e autoritaria rende inclini alle dottrine sociali lontane dalla realtà».
    Chi ha scritto queste cose? Un pedagogista costruttivista? No. È nel testo del Regio Decreto che istituiva in Italia i Ginnasi-Licei Moderni addirittura il 28 settembre 1913. Il costruttivismo nasce negli anni cinquanta, dovuto in particolare a George Kelly e poi sviluppato fino ai tempi nostri.
    Se insegnare con un "metodo attivo" è costruttivismo, allora i costruttivisti sono i buoni insegnanti e i non costruttivisti sono i cattivi insegnanti. È evidente che c'è oggi la tendenza da parte di taluno a presentare il costruttivismo sotto la forma di una scoperta dell'acqua calda, ovvero in una forma debole (accettabile da qualsiasi persona ragionevole) che non ha niente a che fare con il costruttivismo propriamente detto. Il quale – come ad esempio nelle teorie di una nota pedagogista americana – prescrive di evitare qualsiasi forma di apprendimento dell'ortografia come una forma di "violenza sui minori" e che i bambini costruiscano delle personali visioni, per esempio, della divisioni, con relativi algoritmi. Ciò è conseguenza della tesi centrale del costruttivismo secondo cui non esiste alcuna forma di conoscenza oggettiva e tutto è frutto di esperienze soggettive, per cui ogni individuo si costruisce una mappa di significati entro cui sperimenta e vive il suo mondo personale. Il mio rigetto del costruttivismo nasce dal rifiuto di una visione così radicalmente soggettivista e relativista che, di fatto, rende impossibile qualsiasi scienza propriamente detta.
    Nel caso specifico, si parla della positività di una "discussione guidata" (sottolineo, guidata, e non lasciata a sé, come vorrebbe un costruttivista autentico). Del resto tutto si è svolto sulla base di un problema posto dall'insegnante e con numeri assegnati.
    È chiaro che esiste l'alternativa di andare alla lavagna e spiattellare definizioni e calcoli: ma questo non è "non-costruttivismo", è solo - insisto - la prassi di un pessimo insegnante, per non dir peggio. E il primo pedagogo che ha insegnato a seguire un metodo attivo (maieutico) è Socrate… Del resto, noi abbiamo la migliore tradizione di scuola attiva in matematica fondata dall'opera di Federigo Enriques che dei fanatismi ideologici del costruttivismo sarebbe rimasto inorridito.

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  3. Professore, grazie per la risposta. Ora comprendo meglio la sua critica al costruttivismo (di cui, lo confesso, so meno di lei). Condivido la sua contrarietà alla sua modalità più radicale. Del resto, qualsiasi teoria pedagogica, presa in astratto e in senso radicale, è un disastro.

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